Sanzioni secondarie: un ostacolo ‘occulto’ all’accessibilità dei mercati
Nel complesso quadro del commercio internazionale vi sono molteplici tipologie di barriere.
Il caso Iran
Nel complesso quadro del commercio internazionale vi sono molteplici tipologie di barriere. Alcune risultano evidenti e necessitano soltanto di un po’ di esperienza (dazi, norme di salvaguardia, quote, registrazioni, etc); altre, invece, risultano essere “occulte” e rischiano di essere pericolose anche per grandi colossi commerciali.
È il caso delle sanzioni, cioè di quegli ostacoli al commercio con un determinato paese che spesso, come nel caso delle sanzioni secondarie statunitensi, vanno a colpire non solo i Paesi direttamente interessati, ma anche i partner che vogliano effettuare operazioni commerciali con detti paesi.
Distinguiamo rapidamente tra sanzioni primarie e secondarie. Le sanzioni primarie sono applicabili alle U.S. persons, vale a dire a qualsiasi individuo si trovi sul territorio degli USA, a qualsiasi cittadino degli Stati Uniti o ai residenti permanenti che si trovino in qualsiasi parte del mondo, e alle entità statunitensi, ai prodotti di origine statunitense e ai prodotti non avente origine statunitense, ma contenenti almeno il 10% di prodotto statunitense controllato o basati su una determinata tecnologia statunitense. Le sanzioni secondarie, invece, si applicano a qualsiasi persona o entità che effettui determinate transazioni, indipendentemente dalla nazionalità o dal domicilio, pertanto hanno validità extraterritoriale. Attualmente esistono sanzioni secondarie nei confronti di chi effettua determinate transazioni con Iran, Corea del Nord, Cuba, Russia e Venezuela.
Per quanto riguarda l’Iran, attualmente gli USA applicano sanzioni secondarie che possono essere imposte a soggetti non statunitensi che effettuino transazioni con gli iraniani listati nella List of Specially Designated Nationals and Blocked Persons (SDN List) redatta dall’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del Dipartimento del tesoro statunitense.